La deforestazione e il surriscaldamento globale giocano un ruolo cruciale per la sopravvivenza di questi meravigliosi mammiferi. La loro lentezza si rispecchia anche nel metabolismo e nel sistema digerente, aspetto che rischia di complicare ancor di più le loro capacità di adattamento alle temperature sempre più elevate. E se i bradipi che vivono in pianura dimostrano di adattarsi meglio, gli esemplari d’alta quota sembrano avere ancora meno chance
Il ruolo del bradipo, mammifero unico al mondo della famiglia Bradypodidae, all’interno dell’ecosistema della foresta pluviale è tutt’altro che secondario. In quanto erbivori, i bradipi contribuiscono a regolare la crescita delle piante e a riciclare i nutrienti. Inoltre sono parte integrante della rete alimentare, dato che fungono da preda per altri animali e la loro pelliccia ospita diversi microorganismi.
Il tratto distintivo è sicuramente la lentezza dei movimenti, che non va considerata come un difetto evolutivo bensì come una particolare strategia di conservazione energetica, legata proprio al loro regime alimentare. Le foglie di cui si cibano sono povere di nutrienti e ricche di composti difficili da digerire, circostanza che ha portato allo sviluppo di un metabolismo eccezionalmente lento e di un complesso sistema digestivo.
Uno studio recente condotto da un gruppo di ricercatori britannici della Sloth Conservation Foundation ha dimostrato che proprio a causa del singolare sistema digestivo e del metabolismo lentissimo, questi animali rischiano di essere le prossime vittime del cambiamento climatico. Per loro l’allarme è grave.
Il team capitanato da Heather Ewart e Rebecca Cliffe studia da 15 anni il comportamento dei bradipi in Costa Rica e ha notato che, in aree un tempo molto popolate da questi mammiferi, il numero di esemplari si è ridotto drasticamente soprattutto a causa della distruzione delle foreste pluviali, il loro habitat prediletto, in favore di nuovi insediamenti umani.
Come ha spiegato la stessa Ewart in un articolo, nella provincia di Talamanca, in Costa Rica, dove sta attualmente seguendo i bradipi selvatici, l’espansione urbana è aumentata in maniera esponenziale causando una perdita di circa 3.000 esemplari all’anno, soprattutto perché i bradipi utilizzano i cavi dell’alta tensione come fossero rami o liane, rimanendo folgorati.
Oltre alla minaccia immediata rappresentata dalla distruzione del loro habitat, c’è un pericolo ancora più grave per il loro futuro: il cambiamento climatico. Questo fenomeno, in particolare, minaccia le popolazioni di bradipi che vivono sugli altipiani. I ricercatori hanno dimostrato infatti che la capacità dei bradipi di adattarsi al surriscaldamento globale varia tra quelli che abitano le foreste più fredde ad alta quota e quelli che vivono nelle zone più calde, a bassa quota.
Quando la temperatura corporea di questi animali si fa più elevata con l’aumento delle temperature esterne, il loro indice metabolico cresce. In parole semplici: cresce il fabbisogno energetico per le normali funzioni fisiche (come respirazione, battito cardiaco o digestione), consumano cioè più energia anche quando non fanno niente. Quindi i bradipi il cui indice metabolico cresce di più rischiano di sopravvivere meno quando le temperature si alzano, rispetto a quelli che riescono a mantenere un fabbisogno energetico costante.
A seguito di test specifici è stato notato che, mentre i bradipi di pianura sono in grado di rallentare questo fabbisogno di energia quando le temperature si alzano molto, i bradipi che vivono ad alta quota non riescono purtroppo a rallentare il loro ritmo metabolico. Si tratta di un importante meccanismo di sopravvivenza, che potrebbe rivelarsi indispensabile alla specie, dato che i cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale sono fenomeni che ci accompagneranno anche in futuro.
In sostanza, quando il loro fabbisogno energetico aumenta, i bradipi per sopravvivere dovrebbero mangiare molto di più, ma ciò è impossibile per la loro stessa natura: a causa del ritmo estremamente lento sia nell’assunzione che nella digestione del cibo che li caratterizza, impiegano infatti almeno 20 volte più tempo rispetto agli altri mammiferi per digerire e trasformare il cibo in energia. Nutrirsi di più non è immaginabile.
Anche migrare verso lidi più propizi alla loro specie è impensabile, perché la lentezza e le energie richieste non sono compatibili con alcun trasferimento lungo e faticoso.
Questo studio al momento è “solo” un campanello allarme e serve a metterci in guardia su una delle conseguenze catastrofiche che il comportamento umano sta causando in modo tangibile al nostro pianeta e a chi lo abita, ma dovrebbe essere sufficiente per farci riflettere.
Fermare il surriscaldamento globale e avere rispetto per tutte le creature viventi sono le uniche soluzioni. Non esiste altra scelta e non esiste un altro pianeta.
In apertura: La biologa Rebecca Cliffe alle prese con un esemplare di bradipo nelle foreste del Costa Rica, dove questo studio è stato condotto.
Foto d’apertura e video: @becky.sloth
Interno 1 e 2: Facebook / Rebecca Cliffe
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